Rambert e Zanetti: il "fenomeno" e l'"altro"

Zanetti e Rambert nel giorno della presentazione
Siamo nell'estate del 1995. Moratti ha da poco prelevato l'Inter da Pellegrini. Il passaggio di proprietà c'era già stato a febbraio, senza che vi fosse per la nuova dirigenza la possibilità di intervenire sul mercato. Ma con la bella stagione arriva il momento di investire.
Le regole prevedono che si possano mettere in distinta solo 3 stranieri. I 4 dell'anno precedente sono stati tutti ceduti: Sosa, Bergkamp, Jonk, Pancev. Quindi tutte e 3 le caselle sono da riempire. I primi stranieri ad arrivare vengono dall'Argentina. Il primo è un terzino di belle speranze già nel giro della nazionale, un certo Javier Zanetti. L'altro è un attaccante, anche lui nel giro della nazionale, che quando segna esulta facendo l'aeroplanino, Rambert. Della coppia di argentini, Rambert era quello forte, quello che faceva gridare al grande colpo di mercato. Zanetti era solo "l'altro".
Ma alla fine di lui si ricorderanno una presenza in Coppa Italia ed una presenza in Coppa Uefa (Inter eliminata clamorosamente al primo turno dal Lugano). E pensare che l'accoglienza fu a dir poco calorosa. Rambert passava per uno di quegli attaccanti non troppo prolifici, ma capaci di inventare e mandare in porta i compagni. Manna dal cielo per la nuova presidenza, desiderosa di tornare a far sognare i propri tifosi. Ma come spesso succederà per gli acquisti dell'era Moratti, la distanza tra realtà ed aspettative è abissale.

Sguardo basso e testa china, il fenomeno argentino dimostra ben presto di non essere timido solo fuori dal campo. Rambert è un mezzo brocco e alla fine della campagna acquisti si ritrova ad essere il quarto straniero, quello di troppo. Ottavio Bianchi non ci mette molto a capire chi debba scendere in campo: Zanetti, Roberto Carlos e Ince. Spazio per l'Avioncito (soprannome derivato dalla sua esultanza) non ce n'è proprio. E viene così mandato nella serie B spagnola al Real Saragozza. Le prove incolori convincono poi gli spagnoli a rispedirlo in patria, dove vivrà ancora una buona stagione al Boca, prima di eclissarsi completamente.
E comunque, a suo modo Rambert, è entrato nella storia dell'Inter: il primo bidone di Moratti.

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